Sabato con l’umido e la pioggia l’oratorio mi appariva triste, fatiscente però domenica è bastato il sole, l’ombra dei vecchi tigli, un tocco di colori, sapori, profumi, la musica dal vivo e tanta bella gente in un clima sereno e cordiale per dare un’aggiunta di allegria alla voglia di stare insieme in un luogo che compie cento anni e che sta nei ricordi di tutti noi passati in quello spazio sin dalla prima infanzia.
Dodici giovani dell’associazione afgana hanno aperto le porte della cucina quattro ore prima del sorgere del sole. Alle 8.00 già il profumo di spezie, dell’agnello e delle verdure in cottura cingevano le narici invitanti al pasto di mezzogiorno.
La sorpresa di vedere i cuochi accovacciati sul pavimento intenti a preparare le pietanze coloratissime evocavano immagini ed esperienze vivide di viaggi in lontani paesi.
Infatti il risveglio di sensazioni recupera il “tempo perduto” a causa del covid ed è subito emozione, un ritrovare una parte di sé e un pezzo di mondo conosciuto. Era come posare gli occhi su luoghi lontani senza nemmeno varcare la soglia di casa.
Il PS/SI di Capriasca collaborando attivamente e dando il proprio contributo personale dà inizio all’apertura con un ricco aperitivo offerto.
Le bancarelle colorate sono l’attrazione e accendono la curiosità del guardare, toccare, assaggiare.
Quella afgana con una vasta esposizione dei loro prodotti. Quella dell’Associazione Il Tragitto con i dolci alle mandorle, datteri, pistacchi e miele. Una leccornia! Quella della Bottega del Mondo che spazia da oggetti artigianali a prodotti alimentari di qualità che sensibilizza un’economia di commercio equo per un consumo responsabile. A quella della vendita di vestiti tutto a fr 2. – a favore dell’Associazione Afgana Ticino. Ha fatto divertire tutte le donne presenti alla festa!
C’è pure l’angolo del tè preparato nel samovar tradizionale con cardamomo, boccioli di rosa e cannella. Una delizia!
I giovani cuochi in cucina sono pronti e finalmente si gustano i piatti preparati. Il menu è costituito da Borani di patate e melanzane, Ghabuli Palaw e Pilaf di fagiolini.
Il contorno viene dato dalla musica dal vivo di Manuel e Mattia con il loro Sarod e Tabla, le danze tipiche ci accompagnano durante tutta la festa.
Mentre Flaya propone ai bambini incuriositi e interessati la costruzione degli aquiloni, simbolo dell’Afghanistan.
Nel pomeriggio si passa a cosa più seria.
Ogni associazione, sempre, porta avanti il suo lavoro e il suo bisogno di testimoniare gli orrori perpetrati in zona di guerra, di conflitti o di sopravvivenza.
Per rendere noto e mettere altre persone a conoscenza di qualcosa che sta succedendo in Afghanistan nel pomeriggio l’evento atteso e cruciale e fondamentale sono stati i due momenti di incontri con i racconti delle testimonianze di due giovani afgani in Ticino da alcuni anni e le loro insegnanti Graziella Corti e Cristiana Spinedi, mentre l’analisi e le riflessioni si sono svolte con Soraya Malek d’Afghanistan (principessa in esilio), Jamilhè Amini (presidente della comunità afgana Ticino) e Stefano Caldirola (docente universitario e orientalista).
Con una sala stipata di persone interessate e attente all’ascolto Jamilhè Amini ha chiesto trenta secondi di silenzio per la tragica esplosione avvenuta venerdì 2 settembre 2022, durante la preghiera di mezzogiorno, nella moschea di Herat. Ottanta i morti e i feriti di persone innocenti. Tutti i presenti si sono alzati in piedi. Un momento di commozione con le lacrime agli occhi…, sentimenti partecipati che significano il condividere sensazioni e stati d’animo altrui.
Giancarlo Dionisio e Alessandro Bertellotti hanno magistralmente condotto le interviste chiarificandoci la tragica situazione, soprattutto quella di raccontare l'impatto che il contesto attuale ha nella vita della popolazione afgana.
Appare evidente che questo paese ha già esaurito le risorse per sfamarsi, inoltre un rapido aumento delle violenze allude alla preoccupazione di tutti. I pensieri si fanno intensi.
Mi sorge quindi una domanda persistente: “ma davvero i popoli, la gente del tuo stesso paese può essere considerata meno importante dei propri interessi e degli accumuli di ricchezze personali e di pochi? Dove sta la coscienza umana? Perché viene meno?”
Come fa ad instaurarsi una mentalità del “questo è mio e me lo prendo”, non lo condivido con te, popolo delle mie stesse origini…?
La festa multietnica è tutto questo come anche quella della condivisione di momenti speciali, la conoscenza di nuove culture, è l’occasione di poter collaborare con qualcun altro alla realizzazione di qualcosa, un pezzetto di vita con chi soffre per la propria gente lontana e in situazioni difficili, ma soprattutto è il sorprenderci di avere molto in comune: la volontà di cambiare le cose!
Il nostro è stato un piccolo gesto umano nell’accoglienza e nell’ascolto di una comunità che nelle sue tradizioni ci arricchisce di sfumature e valori per farci crescere sia nella conoscenza sia nel comprendere di più l’essere umano nella sua unicità e irripetibilità e complessità.
Mary Ardia, 4 settembre 2022